Teatro

<i>L'orchestra</i> nuova replica al teatro Le Maschere di Roma

<i>L'orchestra</i> nuova replica al teatro Le Maschere di Roma

Dopo le repliche al teatro Elettra L'orchestra è di nuovo in scena venerdì 15 febbraio al teatro LE MASCHERE in Via Aurelio Saliceti, 3, Roma.

 

L'orchestra è il terzo spettacolo allestito e interpretato dalla compagnia teatrale L'ombelicolo un gruppo di attrici e attori amatoriali che con pervicace costanza continua a studiare e a mettersi alla prova, diretto, allenato, sollecitato e insegnato da Frediano Properzi che alterna le regie professionali con queste di insegnamento, che restituiscono sul palco il percorso di un anno di lavoro, là dov'è logico trovino la loro conclusione.

Quest'anno, a sorpresa, lo spettacolo giunge non più a giugno, come saggio conclusivo, ma come vero e proprio spettacolo messo in scena dalla compagnia, al quale ne seguirà un altro ai primi scorci dell'estate. 

Non che gli spettacoli precedenti avessero la forma del saggio, ogni allestimento di questo gruppo di donne e uomini d'età e talento vari ha sempre avuto lo statuto della pièce, il percorso di studio della compagnia ha adesso come necessità primaria quella di mettere in scena testi e non più di mettersi alla prova.

Liberamente ispirato all'omonimo atto unico di Anouilh, L'orchestra racconta  dello sfruttamento lavorativo di un gruppo di musiciste ingaggiate con un contratto capestro per intrattenere i e le clienti di una clinica dove si cura la stitichezza, davanti i quali suonano brani celebri (coccarde e cocoricò) e meno celebri.

Tra un brano e l'altro le musiciste chiacchierano, si raccontano vessazioni fatte da amanti fedifraghi e sciupafemmine, si confrontano con rivalità malcelata rinfacciandosi difetti fisici e scelte di vita opposte (la donna illibata che attende il grande amore - che non arriverà mai - e la madre che per coltivare la propria vita privata ha lasciato la figlia al padre ed è andata a vivere con l'amante). C'è la direttrice d'orchestra che vive del ricordo dell'amore finito per un uomo che non c'è più e cerca inutilmente di sedurre il pianista; la giovane musicista concupita volgarmente dal padrone del centro clinico e la violista amante del pianista e pazza di gelosia.

Questo, più o meno, il (con)testo originale al quale Properzi aggiunge tre indovinatissimi personaggi clienti della clinica.

Due vi si ritrovano ogni anno, di nascosto dalle rispettive mogli, per sottrarsi alla loro volontà e amoreggiare tra di loro. Uno dei due pavidissimo nel lasciare trapelare i suoi sentimenti e la sua vera natura l'altro più sfacciato e impavido. Un terzo più giovane paziente della clinica - che ha divorziato dalla moglie che altrimenti non gli avrebbe mai permesso di andarci - li avvicina e ammiccando li corteggia senza tanti complimenti.  

Tra rimproveri e minacce di licenziamento, rivalità e gelosie (nonché il delirio di onnipotenza del pianista che vuole possedere tutte le donne TUTTE) lo spettacolo approda tra un brano musicale e l'altro a un finale inaspettato, doloroso e a suo modo catartico.

Quella di Anouilh (e Properzi) è una umanità sopravvissuta suo malgrado, incapace di accorgersi dello sfruttamento sia quello del padrone che del marito amante, concentrata in un sogno di felicità personale, dove la ricerca di un amore ad ogni costo è sconfitta in partenza per l'ipocrisia, l'egoismo, la vigliaccheria e la pochezza proprie o altrui

Dietro lo schermo dell'ambientazione da belle epoque Frediano muovere le fila di un discorso attualissimo che si sviluppa su più piani narrativi e metaforici nel quale il regista-insegnate non risparmia nessuno né i personaggi originali della pièce né i tre giovani uranisti di sua invenzione che non sono capaci di essere veramente se stessi, additando il conformismo e l'ipocrisia contemporanea delle tante persone omosessuali che in Italia vivono nell'armadio senza contribuire a una emancipazione generale dell'uomo e della donna prima ancora che delle lesbiche e dei gay.

A differenza dei personaggi omosessuali di altre pièce che sono gli unici ad essere irrisolti e immaturi tutti i personaggi de L'orchestra risentono di una sprovvedutezza alla vita che li rende non solo comici (si ride tanto durante lo spettacolo) ma quasi tragici.

Se le mogli dei tre clienti della clinica vengono descritte come vessatrici le donne sulla scena rivelano una natura ben più complessa delle controparti maschili condannate nonostante una superiore caratura umana e morale a fare da madri a degli uomini eterni bambini e adolescenti dei quali però, loro malgrado, non sanno fare a meno.

Gli e le interpreti dello spettacolo - ognuno e ognuna  nel ruolo che più le si confà (onore al merito del regista-insegnante che conosce i suoi e le sue studenti e anche di Lucia Piedimonte che ha curato i movimenti scenici) - contribuiscono al personaggio  che portano sulla scena non già con la spontaneità del carattere e della propria personale biografia ma con l'intelligenza di una sensibilità scenica sorprendente visto che non fanno questo lavoro per mestiere e non possono dedicarvi tutto il tempo che vorrebbero.

Alessio Magnanti è un perfetto padre padrone che tratta le musiciste come una sua proprietà e nemmeno l'attrazione per una delle ragazze lo fa desistere dal suo ruolo di padrone che incita al lavoro. 

Angela Sorce  mostra con grande intensità tutta l'impotenza di donna concupita e respinta diventando il vessillo di un maschilismo endemico.

Carla Gattei infonde al suo personaggio tutta l'inconsapevolezza che lo distingue: una donna tradita e presa in giro dal suo compagno cui rimane comunque fedele.

Patrizia Proietti Mancini ha la capacità di trasformarsi in ogni spettacolo dell'Ombelicolo  nel personaggio assegnatole con un istinto da vero animale da palcoscenico.

Michela Perrotta mostrare tutta risparmiarsi la durezza e il cinismo venato da un rammarico di una donna che per amore ha abdicato al ruolo di madre.

Carlo Bianchini sa dosare magistralmente il gusto camp con cui interpreta il cliente della clinica più affettato ma anche più sfrontato e libero mentre Giorgio Grussu sa restituire la rigidità del suo personaggio attento all'apparenza e preoccupato del giudizio altrui con una modo di parlare attento al lessico e alla dizione cui fa da contraltare una azzeccatissima postura rigida e tutta di un pezzo. Sinuoso come un gatto Gianluca Imparato seduce anche il pubblico e non solo i due vicini di clinica con una sicumera frustrata dagli effetti imprevisti delle purghe.

Silvia Rufini sa essere una credibilissima direttrice di orchestra tanto disinvolta nell'agitare la bacchetta quanto devastata da una vita privata senza ormai più amore che sublima con quello per la musica.

Tonino Sechi De Murtas fa emergere il delirio di onnipotenza di ogni uomo maschilista ruolo che si cuce addosso con divertita malizia che nasconde sotto la pelle del suo personaggio stancato dalle donne.

Donatella Petricca ci regala il più bel personaggio della pièce l'amante non rispettata che si crede di poter ingannare facilmente e che invece sa tutto e tutto vede portandolo in scena con una precisione e una intensità che non si dimenticano.


Dopo le repliche al teatro Elettra L'orchestra è di nuovo in scena venerdì 15 febbraio al teatro LE MASCHERE in Via Aurelio Saliceti, 3, Roma.

Un'altra occasione per conoscere una compagnia d'amatori interessante e per vedere uno spettacolo che oltre a far ridere fa anche pensare.

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